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Sono bambole, ma viaggiano in aereo con un regolare biglietto, un posto prenotato e anche il pasto. Sono bambole, ma i proprietari le curano e le coccolano con un'attenzione quasi maniacale solitamente dedicata a un bambino viziato, anche perché per forma e dimensioni sembrano veri bebè; le portano a passeggio, le pettinano, cambiano loro i vestiti. Sono bambole, ma vi sono ristoranti dove possono sedere a tavola, mentre al contrario ci sono hotel in cui, come succede in alcuni locali in Italia con i bambini in carne ed ossa, non sono graditi. Infine, sono talmente simili agli esseri umani che ne hanno preso anche i difetti, visto che queste bambole sono state usate come corrieri della droga, con le pasticche di stupefacenti nascoste all'interno per superare i controlli negli aeroporti.
In Thailandia il fenomeno delle "child angels" (o luk thep) unisce superstizione, religione, una spruzzata di follia e sapienti strategie di business. E ricca materia per gli psicologi. Per le molte donne che hanno acquistato e adottato queste bambole, difficile pensare che si tratti solo della ricerca di una sorta di surrogato di un bambino vero: siamo in una nazione dove il tasso di natalità è il 50 per cento più alto di quello dell'Italia.
Il problema è che a Bangkok ora la moda sta sfuggendo di mano, tanto che il primo ministro Prayuth Chan-ocha è intervenuto rivolgendosi ai thailandesi: «Non compratevi una child angel se non potete permettervelo». In un paese dalle profonde differenze sociali e con una economia in affanno, queste bambole hanno prezzi che vanno dai 30 ai 500 euro. Eppure, la loro diffusione è tale che la compagnia aerea Thai Smile (la sussidiaria low cost della Thai) ne ha regolato il trasporto in aereo. Poiché alcuni passeggeri si rifiutano di riporre le loro bambole-bambino nelle cappelliere come un normale bagaglio a mano, Thai Smile ha annunciato che potranno acquistare un biglietto e un posto a sedere. L'autorità dell'aviazione thailandese ha chiesto controlli più severi visto che all'aeroporto di Chiang Mai si è scoperto che dentro una di queste bambole venivano trasportate pasticche di droga.
Alla base di tutto c’è
Eppure, ad acquistare e coccolare queste bambole-bambini sono soprattutto donne della classe media, con alta scolarizzazione buoni redditi. E qui si entra nel territorio del business, perché, a fiutare gli affari, non sono solo stati i produttori delle bambole, ma anche i proprietari di ristoranti, saloni di bellezza, scuole di lingue e musica che – non è ben chiaro in che modo – offrono servizi alle child-angel. Il Bangkok Post riporta la testimonianza di una donna di 49 anni, Mayanmara Boonme, una indovina che sostiene di essere tra le iniziatrici del fenomeno: “Ho cominciato facendo la doccia alla mia bambola. Un giorno mi è apparsa in sogno e mi ha detto che mi avrebbe aiutato a guadagnare molti soldi. L’ho portata a un parco giochi: un programma TV l’ha notata e ci ha invitato, da allora molte TV ci hanno dato spazio”.
Una cliente, una donna di 37 anni, che nutre, veste, accudisce le sue due chil-angel insieme alla figlia (vera) di 7 anni, rivendica: “è un mio diritto credere nel potere di queste bambole, me lo posso permettere”. Altre giurano di aver vinto la lotteria grazie all’influenza positiva della child-angel. Folle o meno, ora in Thailandia stanno pensando di esportare le child-angel. Ecco, quale potrebbe essere un Paese talmente superstizioso da rivelarsi fertile al fenomeno? Il rischio è che prima o poi le bambole bambine sbarchino anche in Italia”.
da Macro, supplemento Cultura e Società del Mattino/Messaggero