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Ritratto d'autore: Federico Mompou (1893-1987)

in onda giovedì 29 ottobre alle ore 17,00

Ritratto d'autore: Federico Mompou (1893-1987)Barcellona è la sua città: vi nasce nel 1893, vi compie i suoi studi, vi incontra Fauré in un concerto del 1909 che determinerà la sua esistenza (è dopo l'ascolto del quintetto op. 89 del compositore francese che Federico Mompou deciderà di voler diventare un compositore), a Barcellona tornerà più volte dai soggiorni parigini e vi morirà nel 1987.

Lo stile di Mompou si ricollega spesso nel giudizio della critica a quello di Eric Satie soprattutto per la stringatezza dei modi, la voluta economia dei mezzi e la brevità del linguaggio; in realtà grande è l'influenza che su di lui ha tutta la musica francese, dalla quale Mompou mutua la raffinata eleganza sottesa di un delicato velo di malinconia.

Il problema è però che tra la musica di Mompou e quella di area francese si è definito un legame che aldilà della semplice influenza (più che logica, dato il lungo periodo trascorso dal musicista a Parigi) spesso viene presentato come mera filiazione, derivazione passiva quasi priva di spunti propri.

La produzione di Mompou pare da una parte debitrice alla cultura francese di inizio secolo (Parigi era in quel periodo anche il cuore dell'intera Europa); dall'altra è legata alla sua terra, e quindi presenta connotazioni e colori propri della tradizione catalana.

Uomo solitario e dal carattere timido, Mompou non aveva bisogno di comporre per vivere, e diceva sempre che trovava la sua musica, non la componeva; a suo modo al di fuori di tutte le correnti, spesso definito compositore naif, fu soprattutto un istintivo riservatissimo; grazie alla moglie pianista ha lasciato scritta la sua musica, che altrimenti probabilmente sarebbe scomparsa con lui.

Ciò che più interessa di questo musicista è la sua idea della composizione, il suo rapporto con la musica: "La parola migliore è quella non detta... Io sono un uomo di poche parole ed un musicista di poche note".

Simbolico, evocativo, intimo è il suono per Mompou, che da piccolo, nella fabbrica di campane del nonno ebbe modo di fare esperienza di una forma di percezione basata sulla dilatazione delle vibrazioni sonore, e questo ricordo si concretizza nella molta musica pianistica, della quale egli stesso ci svela i presupposti: "Il suono, dopo che le corde sono state percosse, non si indebolisce, ma al contrario, si espande. Il pedale non serve per ottenere un freddo legato da una nota all'altra, ma serve per creare l'ambiente, l'atmosfera dove le vibrazioni tra gli intervalli possano generarsi..."

Siamo davanti a idee che ci riportano alla mente prima di tutti Debussy, ma anche - per altri versi - Scriabin o addirittura Messiaen; l'essenza visionaria della musica di Mompou ha sempre una connotazione emotiva, in cui sono i moti interiori che parlano, seppure con un linguaggio consapevolmente impossibile: "Tutto il dramma della mia vita si sviluppa dentro di me ed è lì che si crea... Vorrei che la mia musica apparisse come uscire dall'ombra e all'ombra ritornare... Mi trovo costretto a trovare forme nuove. Credo che la mia musica non sia adatta ad un mondo perfetto".

Di Mompou il programma odierno traccia un ampio ritratto, offrendoci "Suburbis", brano originariamete pianistico e qui in trascrizione orchestrale; seguirà la più celebre suite per pianoforte "Impresiones intimas", il cui primo brano,"Planys", è la prima composizione di Mompou, da lui scritta nel 1911.

Proporremo poi "Scenes d'enfants", composizioni pianistiche ancora nella loro versione per orchestra, cinque liriche per soprano e pianoforte su testi di Paul Valery, la "Suite compostellana" per chitarra e la raccolta pianistica "Charmes", sei pezzi per pianoforte: leggete i loro titoli comprenderete bene l'ispirazione di Mompou nella sua ricerca di evocare - più che esprimere - l'ineffabile; in una registrazione del 1974 li esegue al pianoforte il compositore stesso.
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