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Splice - Intervista a Vincenzo Natali

Regista e sceneggiatore

In realtà SPLICE è stato concepito alla fine degli anni 90 …
Sì. Effettivamente ho lavorato su questo film per più di 10 anni. L’ho fatto nel 2000, subito dopo CUBE-IL CUBO. Ho lavorato come un cane per un anno intero al progetto, lo storyboard, ed ero pronto a girare. Poi, all’ultimo minuto il produttore mi ha detto che il progetto era troppo costoso. Ho pensato che il film non avrebbe mai visto la luce, io ero troppo ambizioso e in pochi erano pronti ad assumersi il rischio di un film come questo. Mi sembra che la maggior parte dei film siano fatti per le ragioni sbagliate. E’ così che vanno le cose in questo mondo, nessuno fa un film solo perché la sceneggiatura è brillante, quella può essere una ragione non LA ragione! (Ride). No, i film si fanno per ragioni stupide. Se un anno vanno di moda le mucche, allora si fa un film sulle mucche. E’ così che funziona. Io credo che SPLICE sia stato salvato dalla prontezza degli sceneggiatori. I nostri sostenitori finanziari avevano due opzioni: fare il film subito o non farlo mai. Se le circostanze non li avessero obbligati ad agire il film non ci sarebbe mai stato.

Da cosa è stato scatenato?
In un certo senso era destino che SPLICE fosse girato oggi. Se l’avessimo fatto dieci anni fa non avremmo avuto la tecnologia e io non sarei stato capace di gestire adeguatamente il soggetto. Inoltre, fatto ancora più importante, la scienza non era arrivata a questo punto dieci anni fa. I concetti indicati nella sceneggiatura erano fantascienza più che fatti. La ricerca in campo genetico ha fatto passi da gigante, ha recuperato rispetto al mio soggetto. Oggi l’ingegneria genetica è più attuale che mai. Questi tre fattori e un po’ di fortuna hanno fatto cadere SPLICE nelle mani giuste e l’hanno fatto diventare una realtà.

“Elevated”, il tuo corto, CUBE-IL CUBO e SPLICE hanno tutti in comune un tema simile: la capacità di un essere umano di diventare un mostro….
Credo di essere attratto dal mostro che è in tutti noi. In un certo senso, quel mostro fa molta più paura di qualsiasi altra cosa si possa immaginare in un film horror. E in SPLICE i creatori della creatura sono decisamente più temibili della creatura stessa. Forse ancora di più perché sembrano essere persone buone, corrette. Ecco perché ho scelto Adrien Brody e Sarah Polley. Non puoi non amarli, qualsiasi cosa facciano.

E’ un film su un mostro, come Frankenstein… Hai cambiato genere?
Sono cresciuto con il FRANKENSTEIN di James Whale. Ma non farei mai un remake. Quei film appartengono all’epoca in cui sono stati fatti. Però mi interessava acquisire nozioni da questi classici e modernizzarle. In realtà più che da un film sono stato inspirato da un topo. Un topo che sembrava avere un orecchio umano trapiantato sul dorso. Certo, non era un vero orecchio, ma un oggetto fatto di polimeri. Il topo poi ha sviluppato cartilagine che potrebbe essere usata per trapiantare tessuto umano. L’immagine mi ha colpito. Come un quadro di Salvador Dalì, ho saputo subito che c’era una storia dietro. Quindi non ho pensato a Frankenstein, Mary Shelley o al mito di Prometeo, anche se questi sono i temi esplorati nel film. Questo dimostra anche il fatto che ci ho messo del tempo per scrivere la
sceneggiatura; gli scienziati ci hanno messo meno tempo a mappare il genoma umano di quanto non ci abbia messo io a finire la sceneggiatura! (Ride). Questo dimostra anche i progressi esponenziali compiuti dalla scienza.

Come si fa a fare un buon film su un mostro?
Ci sono tanti film di mostri. Uno dei miei preferiti e ALIEN di Ridley Scott, un film quasi perfetto. Ma SPLICE non ha niente a che vedere con questo. In ALIEN il mostro è una minaccia nascosta, che si annida nell’ombra. Nel mio film il mostro è sempre sullo schermo, è un altro personaggio. SPLICE è una pièce da camera. Ci sono solo cinque parti che parlano. Inoltre è un triangolo amoroso. Man mano che la storia si sviluppa, cresce la parte emotiva… Ho deciso di fare questo film subito dopo CUBE-IL CUBO perché CUBE parlava di un gruppo di innocenti di fronte a un orribile dilemma che li
obbliga a perdere il senso dell’innocenza. La storia di SPLICE nasce dalle necessità dei suoi personaggi che sono direttamente responsabili del loro destino. Il mostro nasce dal desiderio di Elsa di avere un figlio, cosa di cui è incapace psicologicamente. Alla fine, l’intento di SPLICE è mostrare come si crea un mostro piuttosto che mostrare l’atto di ira del mostro.

Ci parli ancora del rapporto tra Dren, Clive ed Elsa. Sembra che dietro si celino non poche emozioni disonorevoli…
Il triangolo amoroso è il motore del film, ne è la raison d’être. Il rapporto complesso tra le creature e il loro creatore fa muovere SPLICE in acque inquietanti ma eccitanti. In superficie, il rapporto tra Clive ed Elsa e il loro rapporto con Dren è meramente scientifico. Vogliono spingere la tecnologia un gradino più in su e Dren è il loro mezzo per inventare nuove cure mediche. La motivazione più profonda però, alla base della curiosità scientifica, è complessa e altamente personale. Nel caso di Elsa, deriva da un’infanzia infelice e un rapporto difficile con una madre violenta. Tutto questo le impedisce di avere figli con Clive. Creando Dren, Elsa scopre altri mezzi di soddisfare il suo desiderio di maternità. Dimostra a sé stessa di poter gestire una situazione che normalmente non saprebbe gestire. Quando Clive a un certo punto le dice: “Non hai mai voluto avere un figlio, ma un esperimento non è la stessa cosa”. Clive, dal canto suo, non considera Dren sua figlia. Ma quando cresce acquisisce una bellezza esotica e, soprattutto, una perversa sessualità latente. E’ un triangolo amoroso e un dramma familiare allo stesso tempo. E’ incestuoso, edipico, e assolutamente orribile… E noi
scopriamo che gli esseri umani possono agire più mostruosamente dei mostri stessi. Ecco ciò che distingue SPLICE dagli altri film di mostri.

Guillermo del Toro, il produttore esecutivo di SPLICE, afferma che il vero horror è moralmente pericoloso e che lei lo ha capito molto bene …
Credo che questa sia una delle ragioni per cui ci sono voluti dieci anni per fare questo film. Nessuno studio voleva finanziare un film in cui si evoca tanto chiaramente il rapporto sessuale tra un essere umano e una creatura. Tuttavia io credo che sia una parte eterna, significativa della psiche umana. L’idea di un centauro o di una sirena esiste da secoli. Ora forse siamo in grado di dar vita a queste creature. In Gran Bretagna hanno già creato un essere metà umano, hanno creato ibridi per metà animali anche se non si è andati oltre la fase embrionale. Cosa succederà quando la tecnologia aprirà le porte della nostra psiche rimaste chiuse per secoli? Io credo che dietro una di queste porte si nasconda l’idea di accoppiarsi con qualcosa che non è umano. Forse c’è un legame con l’evoluzione, con il nostro desiderio di evolvere? Ho trovato molte entusiasmante lavorare su un soggetto così antico e profondamente radicato nel subconscio come questo e dargli fondamento scientifico.

Come è stato incontrare Guillermo del Toro?
Guillermo è un grande impresario dell’horror e del fantasy. L’ho incontrato a un festival del cinema e mi ha detto: “Sai, mi piacerebbe produrre uno dei tuoi film”. Ho pensato a SPLICE. Non ho osato dirglielo all’epoca, ma più tardi, Don Murphy, un altro produttore, gli ha fatto avere la sceneggiatura. E Guillermo ha deciso di produrre il film. Allo stesso tempo, il film è stato suggerito ad alcune persone che conoscevo alla Gaumont, e a Steve Hoban, il mio produttore canadese. Sebbene non si conoscessero fra di loro hanno trovato il modo di lavorare insieme. Il risultato è SPLICE, una coproduzione
franco-canadese con molte madri e molti padri. Guillermo non è stato direttamente coinvolto nel film ma il fatto che il suo nome sia stato associato a SPLICE ha dato credibilità al film e ha contribuito molto a farlo diventare una realtà.

Come è andato il casting?
Adrien Brody è stata una benedizione, ha tutte le qualità giuste. E’ famoso, naturalmente, ed è un attore eccellente ma soprattutto è simpatico e sensibile per natura. In circostanze normali il suo personaggio sarebbe disprezzabile. Ma lui trasforma Clive in qualcuno con cui si può rapportare. E poi ha l’età giusta, né troppo vecchio né troppo giovane. Nel fare il casting per Clive, Elsa e Dren abbiamo dovuto fare delle scelte estremamente difficili, impressionanti. Il film è franco-canadese quindi abbiamo dovuto inserire un canadese o un europeo in uno dei ruoli chiave. Ma quando si tratta di trovare una donna per il ruolo di una genetista tra i 27 e i 35 anni non c’è molta scelta. Fortunatamente Sarah Polley, che è canadese, e che è da sempre stata nel mio elenco, era libera. Alla fine, sono entrambi credibili, Sarah e Adrien, non solo come scienziati ma anche come coppia. C’è un’alchimia sorprendente fra loro.

Avete deciso di utilizzare una creatura fisica e non digitale. Perché?
In realtà non è mai stata una scelta. Innanzitutto sarebbe stato troppo costoso avere una Dren completamente computerizzata. Ma, cosa più importante, io sono convinto che il legame che si crea con un personaggio digitale non potrà mai essere forte come quello che si crea con un attore vero. Ho fatto tutto quanto in mio possesso per utilizzare personaggi veri ed effetti speciali meccanici. Sono un grande fan degli effetti speciali digitali ma li considero migliori quando hanno qualcosa di fisico. Non volevo che Dren fosse una creatura magica, doveva essere totalmente reale, totalmente plausibile biologicamente. La ragione per cui Gollum funziona nel RE DEGLI ANELLI è perché è un film eroicofantastico e quindi noi che lo guardiamo siamo spontaneamente portati a cancellare ogni incredulità. Un po’ come nei film di Ray Harryhausen. Ma in SPLICE si parte con l’idea che Dren potrebbe esistere davvero. Non ho mai smesso di dire alla troupe che non stavamo girando un film di fantascienza. La storia si svolge nel mondo di oggi e i laboratori ritratti nel film sono impressionanti. Sono stato molto attento a NON riprodurre un laboratorio di genetica in stile Hollywood. Mentre facevo le ricerche per il film ho passato molto tempo nei laboratori veri, sono molto simili ai laboratori di scienza del liceo. Forse un pochino più sporchi con le provette, i frigoriferi e le stufe a gas. Non ci sono poi quelle grandi attrezzature hi-tech. Volevo restare fedele a tutto questo, volevo che il pubblico sentisse davvero che siamo nel mondo di oggi e che la creatura è vera in quell’ambiente. Quando abbiamo fatto il casting per Dren sapevamo che si trattava di un passo fondamentale.

Che criteri avete adottato per scegliere l’attrice?
La linea di confine era molto labile: volevo che fosse amata sia dagli uomini sia dalle donne. E che tutti si sentissero colpevoli in qualche modo. Un equilibrio molto difficile. Se mi fossi spinto troppo oltre con il lato mostruoso di Dren avrebbe potuto diventare un essere ripugnante, ma se avessimo spinto troppo sul suo aspetto umano non sarebbe stata abbastanza mostro. Dren doveva personificare questi due elementi alla perfezione. E Delphine aveva entrambe queste qualità. E’ una donna bellissima con qualcosa di androgino che le da quel qualcosa di non esattamente umano. Sono sicuro che un giorno gli uomini muteranno verso una razza più polimorfa…. Nella mia testa, Dren è il prossimo gradino sulla scala evolutiva. Eppure, non sapevo esattamente cosa cercavo. Me ne sono accorto solo quando l’ho vista. L’ironia è che quando sono andato a Parigi per il casting la prima persona ad entrare in quella stanza è stata proprio Delphine. Ma era troppo perfetta, allora mi sono imposto di vedere altri attori. (Ride) Alla fine ho comunque scelto lei. E’ incredibile. E recita in maniera sorprendente.

Come l’avete preparata per quel ruolo?
In realtà non l’abbiamo presa subito. E’ venuta a Toronto. Il team per gli effetti speciali doveva fare dei test, farle delle foto perché dovevamo sviluppare il progetto di Dren partendo dalla reale fisiologia di Delphine. Ho deciso che sarebbe stata Dren solo dopo questa fase. Ho anche testato la sua resistenza fisica perché il ruolo è molto, molto fisico e avevo bisogno di qualcuno che fosse all’altezza.

Quanti effetti speciali utilizzate su Dren?
A parte Dren bambina (prime due fasi), lei è un mix tra umano, effetti digitali e protesi. Ho sempre saputo che sarebbe andata così, anche dieci anni fa. In effetti ho fatto altri test con un’altra attrice… E’ un aspetto molto sottile. Per esempio, in che modo cammina l’attore? Sui piedi oppure sui trampoli? Quanto avanti dobbiamo spingerci? Alla fine penso che abbiamo fatto la scelta giusta. Abbiamo deciso di fare il meno possibile. Di sottrarre piuttosto che aggiungere. Nella maggior parte dei film in cui si utilizzano creature si inizia con un umano e si aggiunge qualcosa. Noi abbiamo pensato che fosse più interessante togliere alcuni aspetti e modificarne leggermente degli altri. Io credo che una leggera modifica al viso di qualcuno, come quella che abbiamo fatto con Delphine, è più scioccante di qualsiasi cambiamento importante. E’ diventato il nostro motto e il tono del film.

Come si crea una creatura che prima ti tocca e poi ti terrorizza?
Dren deve fare entrambe le cose. E’ una questione di equilibrio. Non volevo fare E.T. anche se non posso negare che non ci sia un po’ di E.T. in Dren. Volevo che la creatura fosse moralmente complessa. Sa essere molto dolce ma anche pericolosa e vendicativa. Questa è stata la chiave. Inoltre pensavo che fosse importante che Clive ed Elisa dessero vita a una creatura in continua evoluzione in modo che non si sa mai che creatura può diventare.

Solitamente lei fa film molto grafici, perfino geometrici …
SPLICE è un po’ così. Ma ho tentato di non farmi influenzare molto dalla mia regia. Al contrario, CYPHER è stato un esercizio di stile espressionista. Con SPLICE un approccio più naturalistico sarebbe stato molto più potente. Ho deciso di essere come Rene Magritte: volevo dipingere il fantastico come un accademico. Ho preso questa decisione nel bene e nel male. Per me è più difficile fare un film più convenzionale. Ho tentato di controllare la mia strana sensibilità.

Qual è stata la linea guida del film?
Il film si divide in due mondi: il laboratorio e il fienile, cioè la casa di Dren. Due ambienti opposti. Il laboratorio è freddo e sterile proprio come ci si immagina che sia un laboratorio mentre il fienile è caldo e organico. Ho pensato che ciò riflettesse l’essenza del film: i protagonisti creano qualcosa di cui pensano di avere il controllo, come fanno tutti gli scienziati, ma, naturalmente, la vita è più complicata. E l’esistenza di Dren ha un impatto non solo sul mondo ma anche sulle loro vite. Il film quindi segue l’evoluzione di Dren, dal mondo limitato del laboratorio a quello poroso, aperto del fienile. E, eventualmente, nel mondo naturale.

Questo si percepisce anche nell’atmosfera, soprattutto nella luce…
Assolutamente sì. Anche se il film si svolge in un ambiente sigillato, si ha l’impressione di passare da un mondo a un altro. L’ho provato con CUBE-IL CUBO. Cambiando il colore della stanza, si ha la sensazione che cambi il posto. Sono assolutamente consapevole del fatto che le storie con pochi personaggi e poche location devono evolvere dal punto di vista visivo. E ho applicato questa teoria a SPLICE.


E’ per questo che ha scelto Tetsuo Nagata (Direttore della fotografia in LA MUMMIA) come Direttore della Fotografia?
Ci avevo già lavorato nel mio capitolo di PARIS, JE T’AIME. Volevo che la luce fosse ricca e piena di poesia. E Tetsuo è soprannominato “Il Principe delle Ombre”. Non ha eguali quando si tratta di dare forma alle ombre. E’ stata una scelta ovvia.

Tra il suo primo film, CUBE-IL CUBO, e questo, il budget è stato moltiplicato per 100 ($300.000 per CUBE-IL CUBO contro i 27 milioni di dollari per SPLICE). E’ cambiato anche il suo modo di lavorare?
Non c’è assolutamente nessuna differenza. Perché SPLICE era 100 volte più grande e 100 volte più difficile, forse anche 200. Onestamente la cosa più difficile che mi sia mai capitata di fare nella mia vita è stata CUBE-IL CUBO. Non posso dire lo stesso di SPLICE, con il budget che avevamo, ma quasi. Davvero. Perché Dren non vive nell’ombra. Non potevamo mentire con lei. Ridley Scott, con la sua brillantezza, fa vedere l’Alieno solo per qualche secondo ogni tanto, un po’ come Steven Spielberg ha fatto con lo squalo de LO SQUALO. E’ una tecnica classica. Ma Dren non può essere nascosta in un angolo buio. E’ un effetto speciale dal 20° al 110° minuto del film. Questo ci ha portato via buona parte dei 27milioni di dollari. E doveva essere così perché Dren doveva essere perfetta. E io spero che lo sia, tocchiamo ferro! La verità è che quando abbiamo iniziato il film non sapevamo come sarebbe finita con il budget che avevamo. Ogni fotogramma di Dren ha un cartellino con il prezzo, e ognuno di essi contava qualcosa. Alcuni registi dicono di conoscere ogni fotogramma del film che fanno, io conosco ogni singolo pixel! (Ride). Mi fa male dirlo ma credo che le restrizioni mi obblighino ad essere creativo. Tutto ciò non fa che migliorare la storia. Quindi, in fin dei conti, sono convinto che tutte le frustrazioni tecniche che mi hanno torturato come regista sono prive di significato se confrontate a quello che alla fine vediamo sullo schermo. Sono la storia e i personaggi a contare, a decidere se il film avrà un pubblico o meno.


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