[an error occurred while processing this directive]
[an error occurred while processing this directive]

Montagnana: il cimitero dove la morte non è una "livella"

Poveri in terra e ora relegati per l’eternità al girone degli indigenti. Non c’è pace per chi in vita non ha avuto la grana, Da queste parti, sotto le mura storiche di Montagnana, cittadina medievale a sud di Padova, li chiamano “schei”. Oltre a condizionare l’esistenza continuano a influire anche nell’aldilà. O almeno così sembra, secondo la rigorosa suddivisione adottata nel cimitero dedicato a Santa Maria, dove la ditta che gestisce il camposanto ha diviso l’area in zone. Nella parte est, dove già i fiori sono appassiti, le lapidi a terra crepate e i nomi dei defunti scrostati, per giorni ha campeggiato il cartello: “Campo C, inumazione speciale indigenti”. “Lo prevede la legge”, si difende Fabio Panetto, titolare della Spv Srl, appellandosi a capi, commi e articoli del testo che norma le sepolture. “Sono incazzata nera”, taglia corto la sindaca, Loredana Borghesan, che in tarda mattinata ha fatto rimuovere il pannello, con tanto di lettera di richiamo inviata all’impresario edile. Ma ormai il danno è fatto. 

“Francamente sono allibita, la mia unica speranza è che non conoscano il significato della parola ‘indigenti’”, ragiona Mariacristina, insegnante di lettere che con le parole ci lavora. Tra il segno della croce e una preghiera dedicata al defunto padre, non può non riservare uno sguardo indignato a quel cartello, ringraziando il cielo di non dover subire l’onta di oltrepassarlo ogni giorno per salutare i suoi cari che sono distanti da lì.

Gli indigenti, secondo il regolamento cimiteriale, sono tutti coloro che non possono permettersi un funerale: anziani rimasti soli nelle case popolari che costeggiano la provinciale per il basso veronese, operai cassintegrati dei mobilifici chiusi dopo la crisi economica, eterni clienti dei servizi sociali comunali. Una umanità variegata per cui la legge prevede che sia il comune a pagare le spese per la sepoltura. Rigorosamente a terra, s’intende, e per una durata massima di 10 anni non rinnovabili. Sarà così per Giorgio Pelizzaro, settantenne, nome scritto con pennarello indelebile su croce di legno impiantata a terra. O per Giulio Brocco, morto a 63 anni e ora rimasto senza la lettera “u” tra la “i” e la “l”. Stessa sorte toccherà ad Attilio Saggiorato, che ha perso quasi tutte le consonanti sulla lapidfe invasa dalla muffa. 

“Il giorno dei morti in quest’area avrò visto massimo due persone, non ci va mai nessuno”, riferisce Jonata, operaio della ditta sotto accusa, bicipiti in evidenza anche con la giacca a vento e bacio di donna tatuato sul collo. Il problema è che la classificazione ha fatto arrabbiare davvero tutti. “Campo C per indigenti” è l’indicazione più clamorosa, ma non è delicato neppure “Campo D inumazione per mineralizzazione”: La fredda dicitura da laboratorio di chimica poco si addice al luogo dove per eccellenza regnano pietà e intimità.

“Ogni tipo di sepoltura deve essere distinta”, continua a difendersi Panetto, quasi incredulo difronte a tanto clamore. “Posso capire che qualcuno si sia offeso, se si potesse chiamare in modo diverso lo farei”. E lo dovrà fare per forza, visto che stava per perdere un appalto da 700mila € che prevede l’ampliamento e il riordino del cimitero in 18 mesi. “Scelta inappropriata, carenza di sensibilità inaccettabile”, si sfoga ancora la sindaca e giura: “Nessuno nel mio municipio era al corrente di questa follia”. 

Nel frattempo Mariacristina ha finito il suo giro, dopo aver distribuito fiori e preghiere, Si ferma un attimo e ripensa a quello sciagurato cartello. “Mi viene in mente Totò e la sua poesia”. Già, Totò e la sua pratica saggezza: “A morte ‘o ssaje ched’è?... è una livella”. 

[an error occurred while processing this directive]