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Pari trattamento linguistico

Nel 1987 le Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana di Alma Sabatini (1987), frutto di una ricerca promossa dalla Commissione per la realizzazione della parità tra uomo e donna, attirarono l’attenzione sulla possibilità che un uso della lingua non pienamente cosciente del suo potere discriminatorio potesse qualificarsi come sessista. Esse ebbero l’effetto di aiutare a “prendere coscienza di problemi aperti e rilevanti della nostra società, che riguardano sia realtà di fatto nelle condizioni di vita dei due sessi, sia gli attuali processi di comunicazione con i loro effetti”, e anche di spingere “un pubblico di non specialisti a riflettere sulla natura e l’evoluzione delle lingue”. (Cecilia Robustelli)…

Quasi in contemporanea sono usciti negli ultimi mesi due manuali con le linee guida all’uso del genere nel linguaggio della pubblica amministrazione: Pari trattamento linguistico, in Svizzera, a cura della Cancelleria federale e Linee guida per l'uso del genere nel linguaggio amministrativo, in Italia, redatto da Cecilia Robustelli, docente di Linguistica presso l’Università di Modena e Reggio Emilia, e collegato al progetto Genere&Linguaggio promosso dal Comune di Firenze e dall'Accademia della Crusca.

Abbiamo rivolto alcune domande a Jean-Luc Egger

Come nasce l'idea di questo manuale?

La problematica del pari trattamento linguistico è discussa a livello istituzionale federale dalla fine degli anni 1980 ed è stata oggetto di decisioni di indirizzo sia del Governo sia del Parlamento (risp. 1992 e 1993). In questi pronunciamenti le autorità hanno tenuto conto delle diverse sensibilità delle comunità linguistiche svizzere e adottato anche soluzioni differenziate a seconda dell'idioma. Per la lingua italiana era stata decisa una prassi meno rigida che nel tedesco e i cui principi fondamentali erano poi stati precisati in un capitolo delle Istruzioni per la redazione dei testi ufficiali. Col passar degli anni, tuttavia, le istanze e gli usi sociali hanno richiesto un approccio più articolato per cui si è sentita l'esigenza di uno strumento che fornisse maggiori informazioni. Inoltre, la legge sulle lingue, entrata in vigore nel 2010, ha espressamente conferito alle autorità federali il mandato di provvedere «a un uso non sessista della lingua».

Cosa accade all'italiano al femminile in Svizzera?

Se ci limitiamo alle tre varianti (che andrebbero ulteriormente differenziate) dell'italiano svizzero, ossia quella del Cantone Ticino, quella delle valli italofone dei Grigioni e quella dell'italiano istituzionale federale, possiamo dire che tutte condividono con l'italiano d'Italia forti oscillazioni nell'uso linguistico relativo a questa problematica. Un esempio: quando Angela Merkel fu eletta cancelliera della Germania, una testata ticinese ne riferì in diversi articoli nei quali la neoeletta era designata in almeno cinque modi diversi: «la prima cancelliere donna», «la prima donna cancelliere», «il cancelliere Angela Merkel», «il capo dell'esecutivo e primo cancelliere tedesco originario dell'est ex comunista», «la nuova cancelliera». Da allora la designazione del capo del governo tedesco si è uniformata, ma vi sono ancora usi molto discordanti e grandi incertezze quanto alla designazione delle cariche, delle funzioni e delle professioni. Nei Grigioni l'influsso del tedesco è più pronunciato anche in questo ambito: ad esempio, nella versione italiana della Costituzione cantonale si ricorre allo sdoppiamento sistematico delle designazioni delle cariche («una o un giudice ...», «altre detentrici e altri detentori di cariche ...»), una prassi ormai consolidata nel tedesco amministrativo ma mai praticata in italiano a Berna e neppure in Ticino. L'intenzione fondamentale della nostra guida è appunto di uniformare taluni usi nei nostri testi.

Quali sono le principali differenze che ha riscontrato con l'italiano parlato in Italia?
Ho l'impressione che in Italia l'uso linguistico sia più conservativo. In ambito istituzionale in Svizzera si sono ormai affermate designazioni come «consigliera federale», «cancelliera» e tutta una serie di denominazioni professionali al femminile; in Italia si continua a parlare di «ministro» e di «direttore» anche se il titolare è una donna; poi ogni tanto si leggono termini strani del tipo «il giudice donna» o «le donne giudici», «il militare donna» e via dicendo.

A chi è diretto il volume?
I principali destinatari sono i redattori di testi italiani nell'Amministrazione federale. Trattandosi di una pubblicazione istituzionale non è escluso che la cerchia di lettori si estenda, segnatamente ad altre realtà amministrative, anche all'ambito scolastico, scientifico, mediatico. L'intento della guida non è di normare la lingua, poiché di per sé non si interviene sulla lingua, ma di uniformare usi che sono già presenti nel linguaggio odierno, di dar loro coerenza nei nostri testi.

In allegato vi proponiamo entrambe le guide presentate

Guida Robustelli

Guida della Cancelleria federale

 

Alleghiamo inoltre l’articolo di Paolo Di Stefano dal titolo: “Infermiera si. Perché ministra no?” uscito nel supplemento del Corriere della Sera “La Lettura” del 18 novembre 2012.

E per finire un collegamento con la rubrica  “Pronto soccorso linguistico” in onda su Rai 1 nella trasmissione Mattina in famiglia del 28 ottobre 2012 in cui Francesco Sabatini, Presidente Onorario dell’Accademia della Crusca, affronta il tema del pari trattamento linguistico.

Biografie

Jean-Luc Egger è capo sostituto della Sezione Legislazione e lingua presso la Cancelleria federale della Confederazione Svizzera e segretario della Sottocommissione di lingua italiana della Commissione di redazione dell’Assemblea federale. È membro del comitato di redazione della rivista LeGes – Legislazione & Valutazione, Bollettino della Società svizzera di legislazione (SSL) e della Società svizzera di valutazione (SEVAL). In ambito giurilinguistico ha pubblicato tra l’altro i saggi «'(Pre)scrivere la prescrizione'. Ridondanze e ambiguità della legge» (Berna 2003),  «Prolegomeni a un approccio traduttivo dei testi normativi» (Berna 2006), «Il nuovo Codice di procedura penale: un cantiere anche linguistico» (in collab. con Filippo Grandi, Berna 2008) e ha da ultimo collaborato al volume di Aldo Foglia, Introduzione linguistica (ma non solo) al diritto (Milano 2012).

Cecilia Robustelli (Dott lett Univ. Pisa, MA e PhD Univ. Reading) è Associata di Linguistica Italiana all'Università di Modena e Reggio Emilia. Ha svolto attività scientifica e didattica in Inghilterra (Univ. di Reading, Londra Royal Holloway e Cambridge) e Stati Uniti come Fullbright Visiting Scholar presso la Cornell University. È autrice di oltre sessanta pubblicazioni sulla sintassi storica, la storia della grammatica, il linguaggio di genere e la grammatica dell'italiano contemporaneo. Fa parte del Comitato di 27 esperti/e della Rete di Eccellenza dell'Italiano Istituzionale presso il Dipartimento di Italiano della Commissione Europea. Collabora con l'Accademia della Crusca sui temi della politica linguistica italiana in Europa. È responsabile scientifica del progetto Lingua e Genere organizzato da Accademia della Crusca e Comune di Firenze. Svolge una intensa attività di formazione sul rapporto lingua-genere attraverso la collaborazione con Università, Comitati PO e altre istituzioni.

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