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A scuola per imparare il mestiere di genitori

Una scuola per genitori. “Ci lamentiamo del fatto che l’Italia sia il Paese più vecchio del mondo, ma non aiutiamo le persone a diventare mamma e papà”, riflette Paola Marozzi Bonzi, fondatrice del Centro di aiuto alla vita della Mangiagalli che dall’autunno dell’84 ha fatto nascere 20.500. Ma ora ciò che è affidato al lavoro delle associazioni di volontariato sarà insegnato anche negli ospedali e nelle scuole. La commissione Affari sociali della Camera sa esaminando una proposta di legge sulla formazione alla genitorialità. I lavori sono avviati, L’idea è accelerare dopo l’estate per tentare l’approvazione prima dello scioglimento delle camere.

Il ddl porta le firme di mezzo gruppo del Pd. “Il web – è la premessa – è il principale cambiamento sopraggiunto nelle relazioni genitoriali, ma non ha eliminato gli altri”. Che sono sempre gli stessi: droghe, disagio, solitudine. “Dove spono le famiglie di questi ragazzi?”, si chiedono i legislatori, “gli adulti sono assenti, distratti, smarriti”. Di qui la conclusione: “Genitori non si nasce ma si diventa”. Come? Ecco, appunto.

La proposta di legge prevede innanzitutto che il ministero della Salute dedichi almeno la metà delle ore dei corsi pre-parto agli aspetti psico-pedagogici dell’essere genitori. Poi, chiamando  in causa la Pubblica istruzione, di introdurre nell’ambito del sistema scolastico dell’obbligo (materne, elementari e medie), “lo svolgimento di attività formative rivolte ai genitori aventi ad oggetto conoscenze psicopedagogiche pertinenti alle tematiche emergenziali e idonee ai differenti passaggi delle età dei bambini e degli adolescenti”. Infine, coinvolgendo gli enti territoriali, introduce servizi di mediazione familiare per “insegnare” a gestire separazioni e crisi familiari.

“Una legge è sicuramente molto utile, è opportuno che si affronti questo tema: c’è un problema culturale di genitorialità relativa alla maternità e alla gestione dei figli”, spiega Alberto Villani, presidente della Società italiana di pediatria e responsabile dell’Unità operativa di pediatria dell’ospedale Bambino Gesù di Roma.

Le famiglie spesso si trovano di fronte ragazzi solitari, persi nei loro smartphone, sempre connessi al web e spesso in preda a emozioni eccessive e distorte. “Increduli” si sono detti i genitori della ragazza vittima della blue wail, il gioco della morte con regole scandite in rete, che ha fissato la data del giorno in cui si sarebbe uccisa. “Spetta innanzitutto ai genitori recuperare la dimensione dell’ascolto, quello autentico, nei confronti dei figli, non tralasciare la responsabilità e il rispetto delle regole, aver cura del proprio universo emotivo, perché l’analfabetismo dei sentimenti è oggi forse la causa principale dell’incapacità di gestire il proprio vissuto e di scegliere quindi i comportamenti in modo responsabile”, rileva la proposta di legge.

Insegnare ad accudire, ascoltare e capire. È quello che fa, all’interno delle clinica Mangiagalli, il Centro di aiuto alla vita. Divanetti gialli, giochi per i bambini, disegni appesi ai muri, l’associazione segue le mamme e i papà dal primo trimestre di gravidanza fino ai 18 mese, fornisce supporto psicologico, ma anche economico, alle donne in difficoltà, magari senza lavoro proprio a causa della gravidanza, e ha sette appartamenti per madri nubili e coppie. Gli ultimi sei mesi di sostegno sono dedicati proprio alla genitorialità.

I problemi più frequenti riguardano la trasformazione da coppia a genitori: “io la immagino come una matriosca, dove la bambola più grande è il padre. Se la madre è rasserenata e contenuta, può a sua volta contenere le ansie del bambino”, afferma Paola Marozzi Bonzi. “Bisogna aiutare i genitori a capire che altrettanto importante dello sviluppo fisico è quello del pensiero. Spesso i bambini piccoli sono considerati alla stregua di pacchetti, non gli si parla perché tanto non capiscono. Un errore: il linguaggio lo hanno dentro, ed è la mamma che aiuta a farlo uscire”: La scuola dei genitori insegna a riconoscere le richieste del piccolo attraverso il pianto e prepara la madre al distacco dal figlio: “la simbiosi va benissimo nei primo sei mesi, poi il bambino deve entrare nel mondo e la madre tornare a lavorare, non può fare l’eterna assistita”.

In Italia purtroppo, si rammarica la fondatrice dell’associazione, la genitorialità non viene per niente aiutata. “Eppure è quanto mai necessaria”, rileva Villani. “Oggi non c’è una preparazione al ruolo di genitori, che non fa parte di un progetto ben definito e radicato. Non a caso l’Italia ha uno dei tassi di natalità più basso”. Così mamma e papà, impreparati, si muovono sulla scorta dell’emergenza: “il bimbo piange? Lo faccio dormire in mezzo al lettone. Non mangia? Lo inseguo  con il cucchiaino e, quando crescono, non c’è interazione con i figli”.

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