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Storie in bianco e nero

Le favole di Roberto Corradi

C’era una volta, e era una volta a tutto sesto se no era a sesto acuto, un popolo piccino picciò che viveva vicino a un altro popolo imbroglino imbrogliò. Ma non tutto il popolo era imbroglino imbrogliò, solo quello che costruiva i vagoni del popolo che si traducono in Volkswagen. “Che bei carri” avevano detto genti di terre lontane “ne compramio 11 milioni basta che non inquineno!”.

“Frecheten kumpa’” - dove ‘kumpà era col kappa – avevano detto quelli che li facevano “noi famio solo carri col kappa ma senza prodotto nocivo”. Poi s’era capito che in realtà il popolo dei facitori di carri intendeva “nocino” perché di quello non c’era traccia, de emissioni invece ce n’erano a tutta callara, callara col kappa, naturalmente. Che delusione, che grande tristessa!, il popolo delle genti delle terre lontane – l’Americani, se no ce sto a gira’ tanto intorno e nse capisce – andava consolato.

E chi poteva consolare questo popolo magico, incantato, lontano e tanto ricco? Un argentino nato povero che però in Italia s’era sistemato. Ma no Maradona, il Papa che infatti poi lui le tasse le voleva pure paga’. “Ohhh… quante grattacieloni, oh quante porte sul retro, oh quanto cinese a porta’ via, oh quanti boccioni per l’acqua distillata pieni de latte, tutto bello tutto bello però la pena de morte la damo ar gatto e coll’armi c’ammazziamo ‘e cimicee e così sia!”. Fatto sta che l’omino bianco invece da consolalli j’aveva fatto il culo a strisce. Anzi, a stelle e strisce. A quel punto dalla Barack era uscito Obama che aveva detto “Sì, sì, grazie, non ce serve niente, famose ‘ste du foto, na stretta de mano e poi bella pe tutti”.

E così Obama e il Papa s’erano fatti riprendere, filmare, documentare e tutti avevano detto “ma che la televisione è tornata in bianco e nero?” Nel frattempo nello stivale del popolo piccino picciò tutti aspettavano con trepidazione che il presidente dalla dentatura casual dicesse qualcosa. Ma anche a sproposito, anche di niente, anche non lui. E infatti parlò Miss Italia e disse “Vorrei essere nata in tempo di guerra perché so’ donna e al fronte non c’andavo tiè”. E tutti pensavano “ma non se potrebbe rifa’ miss Italia Martina Colombari, Roberta Capua o addirittura Lucia Bosè che in fondo so’ ancora sode” ma ormai il voto era stato espresso e in un paese dove se vota tanto poco, figuramose se se poteva rinuncia’ a un’elezione che cade ogni morte de papa con rispetto a quello sopra.

“Almeno fatece presenta’ na milionata de emendamenti” disse quel bell’uomo del lego Calderoli, dalla dentatura ancora più casual, deluso dal fatto che ormai per l’articolo 2 era inutile sta lì a porta’camionate de faldoni. Ma ormai la legge era fatta, Miss Italia pure e il Dalai Lama pe non vole’ rimane’ indietro dichiarò “Dopo di me, l’idea bona è na donna. Anzi, na donna bona perché dove c’è gusto non c’è perdenza” e il popolo piccino picciò guardando la pettinatura del Dalai Lama disse “Paese che vai, Duca Pelli che trovi!” E tutti si addormentarono felici e contenti sognando miglioramenti alle pensioni, abbassamenti delle tasse e Padoan che li guardava e diceva “sì sì, nun ce pensate e dormite sereni”.
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