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Riforma 13: Diciamo insieme sì all'adozione dell'inglese come lingua nazionale della Repubblica Italiana

Insieme di iniziative indirizzate all'adozione dell'inglese come lingua nazionale italiana e l'insegnamento dell'italiano come lingua secondaria

Riforma 13: Diciamo insieme sì all'adozione dell'inglese come lingua nazionale della Repubblica Italiana




Grandi problemi richiedono grandi sforzi e, se necessario, grandi rinunce. Da anni l'Italia è costantemente nelle posizioni di coda delle statistiche di crescita dell'Unione Europea. La disoccupazione, specie quella giovanile è a livelli inaccettabili. Continuare a crogiolarsi nel sogno di una superiorità culturale del nostro paese, mentre intorno tutto crolla, non è miope: è criminale. 

Quello con la lingua italiana è stato indubbiamente un grande amore, lo è tuttora. Ma è un amore il cui costo, per il nostro paese, non è più sopportabile. La lingua italiana del resto, a parte le élite intellettuali e letterarie, è solo da qualche decennio l'effettiva lingua nazionale, prima di allora la stragrande maggioranza della popolazione parlava esclusivamente l'idioma locale. E le famiglie più altolocate parlavano il francese in casa e con i propri contatti stranieri e il dialetto con la servitù e i popolani (vedi il caso di Alessandro Manzoni e l'estrema fatica da lui durata nello sciacquare in Arno i panni dei suoi Promessi sposi). 

In seguito la scuola primaria, la leva obbligatoria, la radio e la televisione hanno portato avanti questo processo di omologazione linguistica che è servito a unificare il paese. Ora, è pur vero che l'italiano è stato la lingua di Dante, Petrarca, Boccaccio, Giordano Bruno, Galilei, Goldoni, Alfieri, Leopardi e dei grandi librettisti d'opera, ma l'italiano in uso correntemente è l'italiano di De Amicis, Mike Bongiorno e Jovanotti.

E poi non stiamo abolendo l'italiano, stiamo solo proponendo di insegnarlo come lingua secondaria per poter permettere alle future generazioni di parlare con gli anziani di oggi e di domani “ciao nonna, come stai?” e di rapportarsi direttamente con i capolavori della letteratura, del teatro, del cinema, della musica italiana.

L'Italia è un paese a vocazione manifatturiera e turistica e in entrambi i casi l'adozione dell'inglese aiuterebbe la performance dei nostri operatori. Non dimentichiamoci che, nel turismo, siamo scesi dal secondo al quinto posto per numero di visitatori. Cosa succede oggi? Un turista arriva in Italia e trova il tassista, l'edicolante, il ristoratore, il passante, spesso privi delle più elementari nozioni di inglese, la lingua franca universale. Nei test scolastici europei il nostro paese risulta sempre nelle ultime posizioni per conoscenza della lingua inglese, il che comporta un grosso svantaggio quando i nostri giovani studenti diventano ricercatori o professionisti costretti a confrontarsi su scala europea o internazionale.

Scegliendo a sorpresa l'adozione dell'inglese come prima lingua a partire dalle scuole d'infanzia proprio noi, così scarsi e così orgogliosi del nostro idioma, bruceremmo sul tempo olandesi (che avevano immaginato di farlo anni fa), polacchi, spagnoli e ungheresi, ripartendo in contropiede per un rilancio del paese, trasformando una atavica debolezza in una grande risorsa.

Ripetiamo: quello per la lingua italiana è stato un grande amore. L'italiano ci ha regalato idee ed emozioni e ha contribuito degnamente all'unificazione del paese, ma ora il suo compito si è esaurito. Non è detto che non ci si debba vedere più, una rimpatriata sarà sempre possibile e gradita ad entrambi, ma ora le sfide sono altre e soltanto una convinta adozione dell'inglese potrà aiutarci a superarle.
 

All together now: let's say YES to make English the national language of the Italian Republic

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