Rataplan


Come il ritmo dei tamburi, ma anche come quei ritmi che oggi scandiscono la musica che attraversa l’Europa, in una missione di dialogo continuo, capaci di unire luoghi e culture lontani.

Il nostro viaggio toccherà le trincee, i luoghi della Prima Guerra Mondiale e i suoni contemporanei: sarà soprattutto un viaggio nella musica che ribadisce la pace come valore universale, declinata da gruppi diversissimi fra di loro, ma uniti nel credere che il rock può ancora migliorare il mondo.

Ci sarà anche spazio per raccontare qualche canzone dell'epoca, che è diventata patrimonio musicale comune, e per ricordare qualche libro e qualche poesia che hanno sconfitto il tempo e sono arrivati, felicemente, fino a noi, per non farsi più dimenticare.

Di e con John Vignola, a cura di Rupert Bottaro.
Di e con John Vignola, a cura di Rupert Bottaro.
Di e con John Vignola, a cura di Rupert Bottaro.

Contenuti Multimediali
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I luoghi che toccheremo nel nostro viaggio















1.    Il Sentiero della Pace

Lungo la fascia di territorio trentino che nel corso della seconda metà dell’Ottocento fu fortificato e successivamente interessato dal fronte della Grande Guerra, la Provincia autonoma di Trento, a partire dagli anni Novanta, ha provveduto al ripristino di 520 km di trincee, sentieri e strade militari, realizzando un “Sentiero della Pace” che unisce il passo del Tonale alla Marmolada. Si tratta di un “cammino storico” che attraversa le zone di guerra del fronte trentino sia a più alta quota che facilmente raggiungibili dalle famiglie e da appassionati; il “sentiero” è interamente segnalato, intervallato da punti di appoggio e di sosta in rifugi e da proposte di visita a forti, musei, sacrari. L’intero percorso è stato recentemente restaurato dal Servizio Conservazione della Natura della Provincia di Trento.

2.    L’Archivio della scrittura popolare
L’Archivio della Scrittura popolare, collocato nella sede della Fondazione Museo storico del Trentino a Trento, conserva centinaia di epistolari, diari e memorie autobiografiche scritti da soldati e civili trentini, soprattutto nel corso della Grande Guerra e della Seconda guerra mondiale. Costituisce la principale documentazione dell’esperienza dei soldati trentini al fronte, che restituisce la voce di centinaia di persone di estrazione sociale e culturale diversa. Le narrazioni della Grande Guerra riguardano in primo luogo l’esperienza sul fronte russo, dove i soldati trentini furono inviati fin dal 1914, ma anche dei profughi in Austria e in Italia. Si tratta di un “luogo” fisico, ma soprattutto di un luogo culturale simbolico e altamente rappresentativo della società trentina e più in generale del rapporto tra società e stato nel Novecento.

3.    Il Museo Storico Italiano della Guerra
Il Museo Storico Italiano della Guerra è sorto nel 1921 a Rovereto con la finalità di documentare la realtà delle guerre, soprattutto delle guerre combattute dall’Italia. Il suo archivio documentario e fotografico è relativo soprattutto alla Grande guerra, mentre l’esposizione si estende dai secoli dell’età moderna all’Ottocento, alla Prima Guerra mondiale. I prossimi allestimenti ne prevedono l’estensione alle guerre post 1918 – guerra in Libia (1923-1931), guerra d’Etiopia, guerra di Spagna - fino alla Seconda guerra mondiale. E’ il più importante museo italiano che si occupa di Grande Guerra. Coordina anche la Rete Trentino Grande Guerra, un progetto di qualificazione dell’offerta culturale relativa al tema della Prima guerra mondiale, con particolare attenzione ai musei.

4.    La Fossa del Buonconsiglio
Il processo, la condanna a morte e l’esecuzione dei tre irredentisti trentini Cesare Battisti, Fabio Filzi e Damiano Chiesa nel Castello del Buonconsiglio nel corso del 1916 ha fatto della “Fossa dei Martiri” un imprescindibile luogo della memoria per intere generazioni. Lì si sintetizza la vicenda delle centinaia di trentini che si arruolarono volontari nell’esercito italiano e quella dei più di mille trentini internati nel campo di concentramento di Katzenau in quanto considerati filo italiani.
Nella città di Trento esiste una pluralità di luoghi che ricordano la vicenda dell’irredentismo – dalla Fondazione Museo storico del Trentino al Mausoleo di Cesare Battisti, alla biblioteca battistiana, alle “Gallerie” – ma la Fossa del Buonconsiglio conserva ancora il carattere drammatico di simbolo di quella stagione.

5.    La Campana dei Caduti
Oltre al Museo Storico Italiano della Guerra e al Sacrario di Casteldante, a Rovereto si trova la Campana dei Caduti, la più grande campana che suona a distesa. Fu ideata da don Antonio Rossaro, uno dei creatori della memoria della Grande Guerra in Trentino e realizzata nel 1924-25, fondendo il bronzo dei cannoni donati dai paesi che avevano combattuto la Prima guerra mondiale. Venne pensata come “voce” di quanti erano morti nel conflitto e come monumento vivente a ricordo di quella tragedia. È  un simbolo internazionale di Pace, ben collocato nella città di Rovereto che si fregia della qualifica di “Città della Pace”, non per un generico riferimento, ma per la sua storia di città evacuata e bombardata, che ha dedicato alla memoria della guerra e della pace istituzioni di rilievo nazionale. Nei suoi pressi, inoltre, a Serravalle di Ala, il 29 ottobre 1918 presero il via i preliminari dell’armistizio di Villa Giusti (3 novembre 1918) che portò alla sospensione del conflitto sul fronte italo-austriaco. Alla Fondazione Campana dei Caduti, riconosciuta dal Consiglio d’Europa e dall’ONU, aderiscono 84 nazioni.

6.    Il colle Santo Stefano a Bezzecca
A Bezzecca si incrocia la memoria di tre vicende diverse ma interconnesse: nel 1866 vi ebbe luogo la battaglia in cui i volontari in camicia rossa di Giuseppe Garibaldi sconfissero le truppe austriache, aprendo per un momento la strada all’unificazione del Trentino al Regno d’Italia. Nel 1915, l’intera popolazione della Valle di Ledro fu trasferita in modo coatto in Boemia dalle autorità austriache nella previsione che il territorio sarebbe diventato campo di battaglia. I paesi furono effettivamente distrutti e per tutta la durata della guerra, la valle divenne prima linea tra i due eserciti. La chiesa sul Colle di Santo Stefano trasformata in Ossario documenta questa stratificazione, assieme alle esposizioni del  “Museo garibaldino” di Bezzecca ed alle molte tracce della guerra riconoscibili sulle montagne che fiancheggiano la valle.

7.    I forti di Forti Larino e Corno
Il Trentino è costellato di fortificazioni permanenti edificate dall’Impero d’Austria tra il 1861 e il 1914. I forti Larino e Corno recentemente restaurati, collocati nella parte bassa della Valle del Chiese, appartengono alla fase ottocentesca di questo imponente ciclo costruttivo. Al visitatore restituiscono l’immagine potente di una struttura difensiva di grande impatto, capace di evocare la buzzatiana fortezza posta a vigilare il “deserto dei Tartari”.
La guerra costò un prezzo altissimo al territorio del circondario: i paesi furono rasi al suolo, le campagne devastate, esempio del dramma della guerra del Novecento condotta contro le città e la popolazione civile.

8.    Il Forte di Cadine
Il forte di Cadine – Bus de Vela – appartiene alla prima generazione di forti austro-ungarici in Trentino. Fu costruito nel 1861 alle porte della città di Trento, a sua diretta difesa da incursioni che potevano provenire dal lago di Garda o dalla valle del Chiese. Recentemente restaurato dalla Soprintendenza ai Beni architettonici, ospita un allestimento che documenta la costruzione del sistema fortificatorio della Fortezza della città tra il 1861 e il 1915.

9.    Il forte di Pozzacchio
Il “Valmorbia Werk” rappresenta l’ultima generazione di fortezze austriache. Interamente scavato nella roccia, pressoché invisibile dall’esterno, era in grado di ospitare una guarnigione di più di 200 uomini. Non poté essere completato a causa dello scoppio della guerra con l’Italia (maggio 1915) e non ebbe un ruolo militare di rilievo, per quanto sia stato oggetto di aspri combattimenti tra reparti dei due contrapposti eserciti.
Dei rari momenti di silenzio delle armi in tempo di guerra scrive in una sua poesia (“Valmorbia”) il grande poeta Eugenio Montale, che trascorse una parte della sua vita militare nei pressi di questo forte. Oltre a Montale, si ricordano altri scrittori italiani che parteciparono alla Grande Guerra sul Pasubio: Carlo Pastorino, Michele Rigillo, Piero Calamandrei.

10.    Gli Altipiani di Folgaria, Lavarone e Luserna
Gli Altipiani di Folgaria, Lavarone e Luserna, nello scenario di prati e boschi che ne fanno una delle mete turistiche più frequentate in Trentino, conservano le imponenti tracce del più articolato intervento fortificatorio realizzato dagli Austriaci in questo territorio: sette fortezze in grado di fare barriera ad ogni tentativo di penetrazione da sud-est. Ne ha dato testimonianza personale Fritz Weber nel suo libro di memorie dedicato alla Grande Guerra “Le tappe della disfatta” in cui narra tra l’altro le prime ore del conflitto sul fronte italo-austriaco.
Oggi il forte Belvedere di Lavarone, visitabile anche nel suo sviluppo ipogeo, arricchisce la visita con un’esposizione permanente e con proposte multimediali. Sono ancora visibili e in parte visitabili anche i ruderi degli altri forti.

11.    Riva del Garda
Riva del Garda, da due secoli stazione climatica rinomata in Italia e in Europa (“Kennst du das Land”… scriveva Johann Wolfgang Goethe), città austriaca per nesso politico ma italiana per cultura e sensibilità, fu uno dei centri del Trentino più colpiti dalla guerra, da cui uscì distrutta. Aperta verso il lago di Garda, fu fortificata nel corso di tutto il cinquantennio tra il 1861 e il 1914. Sul bordo occidentale era protetta dalla Tagliata, un’imponente opera in roccia, tutta gallerie e postazioni; sul bordo orientale la proteggevano i forti della collina del Brione (che separa Riva da Torbole), che oggi offrono alla visione del visitatore l’intero ciclo della fortificazione austro-ungarica e l’opportunità di una piacevole passeggiata nel corso di tutto l’anno.

12.    Il Forte Tenna
Posto sulla dorsale che separa i laghi di Levico e Caldonazzo, di fronte al forte di San Biagio (o Colle delle Benne), il forte costituisce un imponente rudere recentemente oggetto di un generale recupero. Assieme al forte di San Biagio, chiudeva la Valsugana nel punto di confluenza delle strade provenienti da Bassano, dall’Altipiano di Lavarone, dalla valle dell’Adige e da Pergine.
A nord inizia la catena del Lagorai, lunga barriera montuosa che separa la Valsugana dalle valli di Fiemme e di Fassa, dietro la quale gli austriaci si trincerarono costringendo l’esercito italiano a sanguinosi e defatiganti tentativi di sfondamento.
Una curiosità da ricordare è che il forte subì danni maggiori per l’azione dei recuperanti nel dopoguerra che per i bombardamenti subiti.

13.    Il Pasubio
Parlare del Pasubio vuol dire ricordare la guerra di posizione combattuta in battaglie che lasciarono sul campo centinaia di caduti, il bagno di sangue originato dai tentativi italiani di conquistare il Dente austriaco, la guerra di mine, la neve e le valanghe che mieterono vittime su entrambi i versanti del fronte, la vita trascorsa dai soldati sotto terra, la vicenda tragica di Cesare Battisti e di Fabio Filzi, catturati il 10 luglio 1916 sul monte Corno e mandati al patibolo. 
Il Pasubio è una montagna ancora oggi tra le più frequentate del fronte trentino, meta di migliaia di visitatori italiani e stranieri che rispondono al richiamo di un’epopea nella quale interi reggimenti furono sacrificati senza risultato. I percorsi storici principali sono stati recentemente restaurati grazie alla collaborazione della Soprintendenza ai Beni architettonici del Trentino e delle Comunità montane delle Prealpi vicentine, oltre che delle Associazioni degli Alpini e dei Fanti.

14.    L’Altissimo e i “futuristi”
Il monte Altissimo, parte settentrionale del massiccio del Baldo, fu occupato dagli italiani nel 1915 nel corso di una lenta avanzata. Vi partecipò anche il Battaglione Volontari Ciclisti Automobilisti, nel quale erano arruolati numerosi artisti futuristi: Filippo Corrado Marinetti, Anselmo Bucci, Antonio Sant’Elia, Umberto Boccioni… Non furono certo gli unici artisti ad essere direttamente coinvolti nella guerra, ma quella “concentrazione” sembrò confermare con un tratto particolare quella guerra che i futuristi per primi avevano accolto con entusiasmo, dopo averla invocata negli anni precedenti come segno della modernità trionfante. Oggi a Rovereto, a pochi chilometri dai luoghi di guerra da loro frequentati, il Mart Museo d’arte moderna e contemporanea ripropone le opere dei protagonisti di quel movimento ormai riconosciuto come uno dei portavoce della dirompente modernità del Novecento.

15.    Il Cimitero monumentale di Bondo
La guerra ha lasciato dietro di sé alcune realizzazioni architettoniche pensate e strutturate come luoghi del lutto. Il cimitero militare monumentale austro-ungarico di Bondo, ai piedi del gruppo dell’Adamello, fu predisposto nel 1916 per raccogliere i corpi dei soldati austriaci caduti lungo il fronte. Progettato come luogo del sacrificio, in posizione elevata, vi si accede lungo una scalinata in granito inserita in un imponente paramento di pietra, in un contesto di simboli della forza e della regalità. È forse il cimitero più noto tra quelli austro-ungarici costruiti in Trentino; un altro, del tutto diverso ma altrettanto suggestivo, è quello di Slaghenaufi, sull’altipiano di Lavarone.

16.    Il Sacrario militare di Casteldante
Il Sacrario di Casteldante, a Rovereto, raccoglie i resti di circa 20.000 soldati italiani e austro-ungarici. Inaugurato nel 1938 sul luogo dove fin dall’immediato dopoguerra era stato realizzato un Ossario per le spoglie dei soldati dispersi sullo Zugna e sulle montagne vicine, venne edificato come grande spazio architettonico, analogamente ai grandi Sacrari con cui il fascismo volle celebrare e monumentalizzare la morte in guerra. I sacrari del Passo del Tonale, di passo Pordoi, di Trento, si inseriscono nella catena di luoghi del lutto che trovano a Redipuglia il più grande e scenografico tra i cimiteri di guerra italiani.

17.    Punta Linke
A Punta Linke, a quota 3.600, di fianco al Rifugio Mantova dell’Ortles, è stato realizzato il recupero di un sito storico ad alta quota. L’Ufficio Archeologico della provincia di Trento ha deciso di intervenire sulla stazione di smistamento di una teleferica austro-ungarica affiorata a seguito del disgelo che sta riducendo la massa dei ghiacciai.
Nel corso di alcune campagne di scavo condotte nei brevi mesi della stagione estiva, è stata riaperta la caverna dove fino alla fine di ottobre 1918  i soldati avevano vissuto assicurando il funzionamento della teleferica. È stato così possibile ritrovare gli oggetti della vita quotidiana dei soldati, le minute cose che avevano accompagnato la loro vita di guerra.
Testimoni della guerra bianca, oltre alla stazione di Punta Linke, sono anche i resti di soldati che – periodicamente - affiorano dai ghiacci e che vengono sepolti nel piccolo cimitero di guerra di San Rocco, a Pejo, dove il piccolo e ben curato Museo “La guerra sulla porta” assicura ai visitatori una ricca e coinvolgente narrazione delle vicende.

18.    Il Corno di Cavento e l’Adamello
Il Corno di Cavento, nel gruppo dell’Adamello, è legato al nome del tenente austriaco Felix Hecht, il cui diario (oggi conservato nel Museo della guerra Adamellina” di Spiazzo Rendena), costituisce uno dei documenti più intensi della memorialistica europea di guerra.
Il Corno fu perduto e ripreso più volte da austriaci e italiani. Era stato dotato di una ampia galleria nella quale i soldati si riparavano; oggi, grazie al disgelo, è stato possibile ritrovare la caverna dove hanno vissuto in momenti differenti, austriaci e italiani, svuotarla dal ghiaccio, recuperare i materiali di quel vivere disperato a 3.400 metri di quota.
Per consentire a centinaia di soldati di stazionare in siti posti ad alta quota come questo, furono mobilitati migliaia di operai militarizzati. Sul versante austriaco erano impegnati anche migliaia di prigionieri di guerra russi, costretti a lavorare sulle prime linee e ad esporsi a rischi gravissimi per il freddo, gli attacchi nemici (in questo caso italiani), la fame. Di loro nei musei rimangono pochissime tracce, per lo più oggetti da loro fabbricati per essere ceduti in cambio di un pezzo di pane.

19.    La Marmolada
Sul versante est del fronte trentino, la Marmolada costituì - accanto all’Adamello ed al gruppo Ortles Cevedale sul versante ovest – la seconda area del fronte posta ad altissima quota. Gli uomini dovettero rifugiarsi nel ghiacciaio per proteggersi dai rigori insostenibili del clima: i crepacci e le cavità naturali furono attrezzati per ospitare centinaia di soldati, dentro baracche che fungevano da deposito, dormitorio, magazzino, servite da sentieri, scale e posti di osservazione. Era la “città di ghiaccio”, nel bianco silenzio che rimbombava per le esplosioni esterne, attraversato dagli scricchiolii originati dai movimenti delle gigantesche masse glaciali.
A sud ovest alla Marmolada, la lunga catena del Lagorai, dal Cauriol al Colbricon, le montagne della Val Travignolo, la Costabella e i Monzoni sopra il passo San Pellegrino, sono ancora oggi visitate da migliaia di escursionisti dall’Italia e dall’estero, oltre che per la loro bellezza, per la densa presenza di tracce della Grande Guerra, affidate alle cure dei volontari dell’Associazione “Il fronte dei ricordi” che gestiscono il piccolo museo della Grande Guerra di Someda: sentieri, strade, caverne che ancora racchiudono i letti in legno di cento anni fa.

20.    I sistemi trincerati
L’alta quota ha permesso di conservare molti più manufatti che alle quote basse, dove il lavoro dell’uomo ha cancellato gran parte delle tracce del conflitto.
Rimangono tuttavia alcune straordinarie vestigia: campi trincerati e sbarramenti di resistenza. Un esempio lo troviamo a Grigno, con la terza linea di difesa italiana: una trincea coperta lunga centinaia di metri adibita a fuciliera è posta sulla riva sinistra del torrente omonimo ed è già ora visitabile per un ampio tratto grazie ad un recente restauro. La parte esterna del solaio in cemento armato è fruita oggi come comodo percorso per passeggiate fino alla confluenza del Grigno con il Brenta.
Un secondo caso è ai Marani di Ala, dove una trincea coperta è immersa nei vigneti.
Un terzo è lo sbarramento del Trincerone sul monte Zugna, raggiungibile da Rovereto, recentemente restaurato, dove gli italiani nel 1916 fermarono l’offensiva austriaca che risaliva il crinale.
Infine, il campo trincerato austriaco del Nagià Grom, recuperato negli anni scorsi dallo straordinario lavoro del gruppo Alpini di Mori ed oggi una delle mete preferite da scuole e appassionati.


Per approfondimenti:

Trentino Grande Guerra

Rai.it

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