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Progetto Verdi: La Traviata

in onda venerdì 20 settembre alle ore 21,10

Progetto Verdi: La Traviata

Inusuale, sconveniente, scandaloso: questo il diffuso giudizio dei contemporanei su uno degli “incipit” più straordinari della letteratura romantica; “La dama delle camelie” di Alexandre Dumas figlio inizia infatti portando il lettore, con una stupefacente carrellata quasi cinematografica, nella stanza da bagno di una casa ormai all’asta; proprio dall’inattesa osservazione dello “spogliatoio di una mantenuta” e dei suoi eccentrici oggetti - scrutati con morbosa curiosità da dame e benpensanti - inizia il racconto di una delle storie d’amore più celebri di tutti i tempi.

Nella realtà Alphonsine Marie Duplessis (1824-1847) era stata ”una delle ultime e sole cortigiane che avessero un cuore”, secondo le parole di Dumas, frequentatore della giovane e testimone diretto della sua miserevole fine; lo scrittore aveva riportato (e rielaborato naturalmente) nel 1848 la storia in un romanzo, che tre anni dopo, ridotto per il teatro, venne rappresentato a Parigi.

Qui certamente Giuseppe Verdi ebbe modo di vederlo insieme alla sua Giuseppina, probabilmente al Theatre du Vaudeville; contemporaneamente al lavoro per “Il Trovatore” egli imbastì su questo soggetto l’opera con la quale onorare l’impegno veneziano firmato con la Fenice.

Forse non è un caso che anche nel lavoro musicale l’incipit (il sospeso sospiro degli archi nel preludio) sia del tutto speciale, un preannuncio della tragica fine proposto all’ascoltatore come eco di qualcosa di là da venire sulla scena ma ormai già ineluttabilmente compiuto.

La storia contemporanea di una cortigiana ben nota negli ambienti parigini divenne ”La Traviata” e trasportata dalla censura in un non precisato ma tardo ‘700, risparmiando a Verdi l’ambientazione arcaica e le odiate parrucche, ma evitando anche rimandi ad un’attualità troppo scottante.

L’infelice storia della protagonista (il cui nome cambiò, come spesso nelle mani di Verdi - sempre attento all’essenza musicale di nomi e parole - nel più eufonico Violetta) è dramma umano e sociale, conflitto tra i giusti ideali dell’amore e le false convenzioni dell’ipocrisia borghese.

”… Io non ho niente da nascondere. In casa mia vive una Signora libera indipendente … Né io né Lei dobbiamo a chicchessia conto delle nostre azioni, ma d’altronde chi sa quali rapporti esistono tra noi? Quali affari? Quali legami? Chi sa s’Ella è o non è mia moglie? … Bensì io dirò che a Lei in mia casa si deve pari anzi maggior rispetto che non si deve a me…”; la veemenza di Verdi in questa lettera al vecchio ed affezionato ex suocero Barezzi collega la questione sociale affrontata nell’opera al disagio che lui e la Strepponi vivevano in patria, nella riservatezza di Sant’Agata turbata dalle malevolenze dei bussetani.

“La Traviata” è opera di grandi personaggi, che richiedono ampie capacità drammatiche oltre che musicali; grandi scene in cui Verdi esprime in tutta la sua novità il tradizionale triangolo amoroso (soprano tenore e baritono) qui inconsueto simbolo di ben diverse e complesse giustapposizioni, in cui si annodano l’amor passionale e i diversi legami familiari.

Ancora, una travolgente vocalità che travalica ogni catalogazione: Violetta ora è soprano leggero ora drammatico, Germont padre è baritono acutissimo; in parte a queste ardue caratteristiche, parzialmente disattese dai pur bravi interpreti, fu dovuto il fiasco della prima rappresentazione del 1853.

La musica di Verdi segue dal di dentro, nei suoi continui mutamenti e nelle sue sfumature interiori, le evoluzioni della storia e dei personaggi; la forza di “Traviata” sta allora forse proprio in questo suo aver portato ogni parametro all’estremo, così come al limite della sopportazione appare, anche per il più cinico spettatore, il dolore davanti alla fine di Violetta.

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