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Dimmi quanti libri leggi e ti dirò se sei felice

L'idea che leggere renda felici, o perlomeno che dia una mano, non è affatto scotnta. Per chi scrive, infatti, non è mai stato così: i libri che ho più amato sono stati i più letali. e più la lama era affilata, più il godimento aveva un'origine masochistica. Per farla breve, i miei libri del cuore sono queli che, lungi dal migliorarmi la vita, me l'hanno complicata. Mi viene in mente Cesare Pavese, la cui intera produzione letteraria potrebbe essere un monumento alla bellezza triste, al fascino di trascinarsi malvolentieri sulla scorza del mondo.
Non per tutti è così, non tutti leggono per intristirsi. Non tutti sono masochisti. Una ricerca commissionata dal Gruppo editoriale Gems in occasione del suo decimo anniversario (per chi non lo sapesse, il gruppo Gems comprende Guanda, Garzanti, Longanesi, Tea, Corbaccio, Salani e molte altre case editrici), intitolata "La felicità di leggere" e realizzata dal Cesmer, il centro di studi su mercati e relazioni industriali dell'Università di Roma Tre, giunge a conclusioni opposte. Leggere rende felici; tutto sommato è una buona notizia. Com'è una buona notizia il fatto che un editore, soprattutto in tempi di crisi, spenda dei soldi per finanziare una ricerca, e che vada a commissionarla a un'Università pubblica. Il lettore va scomparendo, e, come ogni creatura in via di estinzione, se ne stuidiano i comportamenti. Si cerca di farlo "riprodurre" - in un senso moltiplicativo, non procreativo, ché a quello ci pensano da soli -, di capire da dove nasce, quali fattori ne sostengono l'esistenza, come si può contaminare il resto della popolazione rendendola schiava dei libri e non dell'ignoranza, e quindi più colta, più consapevole, più forte delle proprie idee. In poche parole meno attaccabile [...]

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