Olha Vozna - Ucraina

Il programma è stato realizzato in collaborazione con il Ministero dell'Interno - Dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione

e con il cofinanziamento del Fondo Asilo Migrazione e Integrazione 2014-2020



Ecuador

Economia e ambiente

L'Ecuador, pur rimanendo agli ultimi posti nelle classifiche di ricchezza tra i Paesi dell'America Latina, non è del tutto sprovvisto di potenzialità. Basato su un'economia tradizionale, ripartita secondo la struttura orografica e morfologica del Paese (pianure pluviali, rilievi irrigui destinati a un'agricoltura di autoconsumo, fasce costiere occupate da imprese agricole orientate alla produzione intensiva) il Paese ha subito, a partire dalla metà degli anni Sessanta del Novecento, una profonda riorganizzazione, in gran parte conseguente alla scoperta dei giacimenti petroliferi situati nella sezione orientale del Paese. L'impulso ricevuto dal settore secondario, la costruzione di oleodotti, le ricadute positive sull'industria manifatturiera hanno, da un lato, prodotto conseguenze positive (come la crescita costante del PIL per l'intero decennio degli anni Settanta a cifre pari al 10% annuo) ma, parallelamente, hanno mostrato la fragilità dell'economia ecuadoriana.

Fortemente dipendente dalle fluttuazioni internazionali, soggetto a uno sbilanciamento delle importazioni che hanno, di fatto, squilibrato la bilancia commerciale, esposto a crescite inflazionistiche con drammatiche conseguenze per la tenuta del tessuto sociale, l'Ecuador ha visto crescere il debito estero e ha vissuto una fase di serio contenimento delle spese voluto da un governo costretto a politiche di forte austerità. Le iniziative intraprese nel corso degli anni Sessanta e Settanta sono state tutte volte alla diversificazione industriale e alla crescita di settori come il comparto edile e le manifatture; la ripartizione della popolazione attiva per settori di attività economica ha subito profonde trasformazioni, segnando il passaggio da un'economia prevalentemente agricola a un'economia maggiormente articolata, che nei primi anni del nuovo millennio ha visto prevalere piuttosto nettamente il settore terziario. Una maggiore stabilizzazione economica ha contraddistinto i primi anni Novanta del Novecento, caratterizzati da piani di contenimento dell'inflazione, promozione del settore privato, innalzamento dei prezzi del combustibile verso l'estero, riduzione della spesa pubblica, fino ad arrivare a una forte svalutazione della moneta, al fine di incentivare il peso dei prodotti nazionali sui mercati internazionali. Nonostante queste misure, l'inflazione ha continuato a toccare valori molto elevati, sullo sfondo di una situazione internazionale che vedeva aggravarsi in modo repentino le crisi dei Paesi sudamericani e dell'Europa orientale. Le conseguenze delle inondazioni provocate da El Niño nel 1998 hanno condotto il Paese sull'orlo di una gravissima recessione economica, che ha determinato momenti di forte tensione sociale. Inoltre, una crisi senza precedenti del sistema bancario ha costretto lo Stato a destinare quasi un miliardo di dollari al salvataggio di decine di istituti finanziari e a bloccare per mesi un quarto del totale dei depositi bancari.

Nel 1999, l'Ecuador ha annunciato di non poter più onorare il proprio debito estero e l'anno successivo, con l'appoggio del FMI, il governo ha deciso di adottare il dollaro americano come moneta nazionale, convertendo quindi in dollari gli stipendi e gli scambi commerciali e finanziari, con l'effetto di diminuire ulteriormente il potere d'acquisto delle classi più disagiate (in particolare i contadini indios).

Per quanto riguarda la ricchezza nazionale, il PIL è tornato a crescere all'inizio del millennio, per attestarsi, nel 2008, alla cifra di 52.572 ml $ USA, con un PIL pro capite pari a 3.776 $ USA. Restano elevati tuttavia il debito verso l'estero (pari a oltre un terzo del PIL), il debito pubblico (circa un terzo della ricchezza nazionale) e la disoccupazione, che interessa circa il 10% della popolazione attiva.

È nel settore agricolo che si avverte particolarmente l'insufficienza di incisive riforme statali, benché dal 1976 si sia proceduto alla graduale confisca di tutti i latifondi che risultavano non coltivati per oltre l'80% della loro superficie, e il piano quinquennale di sviluppo 1980-84 abbia destinato proprio all'ammodernamento dell'agricoltura e alla realizzazione di adeguate opere irrigue la maggior parte degli investimenti; del 59,8% ca. di territorio classificato come incolto o improduttivo, molto potrebbe essere adibito alle colture, che ricoprono solo il 9% ca. della superficie ecuadoriana.

L'agricoltura in verità presenta due volti: nella Costa si hanno aziende molto produttive per lo più di medie dimensioni (ma in gran parte in mano a statunitensi), condotte con larghezza di capitali e con tecniche assai moderne, dove si coltivano i prodotti destinati all'esportazione; nella Sierra a poche immense proprietà terriere si contrappongono centinaia di migliaia di microfondi inferiori ai 5 ha, dove i contadini, spesso ridotti a un livello di vita di pura sussistenza, si dedicano a colture di immediato consumo, su suoli ormai troppo sfruttati e con sistemi antiquati e ben poco produttivi. La Costa, oltre a fornire i prodotti-chiave per l'economia del Paese, cioè banane (di cui l'Ecuador era nel 2007 il quarto produttore del mondo), cacao di qualità pregiata, caffè, produce canna da zucchero, numerose varietà di frutta (come manghi, papaie, ananas, agrumi), cotone, tabacco ecc., oltre ad alcune particolari palme, quali la Phytelephas macrocarpa, dal cui frutto si estrae il cosiddetto avorio vegetale (corozo), utilizzato nell'industria dei bottoni, e la Carludovica palmata, che fornisce la fibra impiegata per fabbricare i cappelli detti “panama”.

 e, in talune aree più protette e ben irrigate, colture frutticole. Poco meno del 40% della superficie territoriale è occupato da foreste non ancora adeguatamente sfruttate a causa soprattutto della difficoltà di trasporto; fra i numerosi prodotti forestali si annoverano la balsa sostanze concianti. Nei primi anni del sec. XXI, comunque, il patrimonio forestale ha visto un intensificarsi dello sfruttamento, che ha fatto crescere il tasso di deforestazione. Le foreste dell'Ecuador sono diminuite in vent'anni dal 59% al 39,2% della superficie territoriale.

Per l’incremento delle aree dedicate all’agricoltura e all’allevamento e per lo sfruttamento del legname, negli ultimi anni il disboscamento è stato accelerato. Nei versanti montani questo provoca spesso danni ambientali e un aumento del rischio di erosione, problema strettamente legato alle frane e alle alluvioni che negli ultimi hanno provocato gravi disastri. Altri frequenti disastri sono causati dai terremoti e dai numerosi vulcani attivi (nel ’98, un’eruzione vulcanica ha messo a repentaglio persino la vita delle tartarughe delle Galapagos).

Ma la deforestazione è causata anche dall’estensione dello sfruttamento di giacimenti petroliferi, la cui estrazione e lavorazione provoca l’inquinamento di territori un tempo vergini (ha destato eco, nel ‘99, la causa intentata dagli indios alla Texaco, che per anni ha scaricato i propri rifiuti industriali nelle foreste amazzoniche).

La legislazione ecuadoriana in materia ambientale è precisa e diversificata: esistono norme nazionali relative alla gestione dell'ambiente e della salvaguardia del patrimonio naturale, leggi forestali e sulla conservazione delle aree naturali (una legge speciale esiste per la provincia delle Galápagos, 1998) e norme sulla prevenzione e controllo dell'inquinamento. Il Ministero dell'Ambiente è responsabile del Sistema nazionale delle aree protette, che interessa il 15,1% del territorio nazionale, e che comprende 11 parchi nazionali (il più antico dei quali, quello delle Galápagos, risale agli anni Cinquanta), numerose riserve e oltre un centinaio di foreste protette. La salvaguardia degli ecosistemi del Paese è una questione di notevole importanza se si considera che in un territorio così limitato sono presenti una quantità di specie animali e vegetali davvero eccezionale. Due dei parchi nazionali ecuadoriani sono stati dichiarati dall'UNESCO patrimonio naturale mondiale dell'umanità: il Parco Nazionale Sangay (1983) e il Parco Nazionale delle isole Galápagos (1978, 2001). Il primo, situato tra la Cordillera Oriental e il bacino amazzonico, si caratterizza per l'estrema diversità degli ecosistemi che vanno dalla foresta pluviale alle alte cime andine punteggiate di ghiacciai. Il secondo, che include l'arcipelago di Colón, è considerato un museo vivente, la casa di specie endemiche (il 40% delle specie presenti sulle isole lo è), in particolar modo rettili (tartaruga e iguana) e uccelli; è questo il luogo che consentì a Charles Darwin di progredire nella formulazione della teoria dell'evoluzione.

Nell’Oceano Pacifico, l'arcipelago delle Galápagos è la meta principale dei visitatori stranieri in Ecuador. Nel gennaio del 2001, per un errore di rotta la petroliera Jessica finì incagliata a poche centinaia di metri dalle coste di questo paradiso ecologico: dal ventre squarciato della nave fuoriuscirono 600.000 litri di greggio. Il disastro ambientale è stato solo in parte contenuto grazie alle correnti favorevoli e al soccorso tempestivo di mezzi della guardia costiera statunitense. Il sito è stato iscritto nel 2007 nella lista di siti UNESCO in pericolo.

 

Tornando all’economia, appare suscettibile di sviluppo anche il settore zootecnico, che oggi svolge una funzione ancora modesta nell'economia nazionale, coprendo a malapena le richieste del mercato interno. Prevalgono i bovini, gli ovini e i suini, cui si aggiunge un elevato numero di volatili da cortile; nelle zone di montagna sono largamente impiegati come mezzi di trasporto asini e muli, oltre ai tradizionali lama.

All'esportazione sono invece in prevalenza destinati i prodotti della pesca (soprattutto gamberi, aragoste, tonni): è questo un settore in sviluppo cui il governo ha dedicato ampi investimenti; l'attuale quantitativo di pescato, infatti, è notevolmente cresciuto.

Nonostante l'insufficiente produzione di energia, l'industria ha compiuto progressi notevolissimi e opera anche per l'esportazione; accanto ai predominanti settori tradizionali, vale a dire al tessile, rappresentato soprattutto da cotonifici, all'alimentare (pastifici, oleifici, zuccherifici, birrifici, conservifici di carne e pesce, ecc.) e alle manifatture dei tabacchi, si hanno fabbriche di carta e di pasta di legno, stabilimenti chimici (fertilizzanti), petrolchimici e farmaceutici, raffinerie di petrolio, industrie della gomma e, di più recente installazione, complessi meccanici (montaggio di autoveicoli) e siderurgici.

Il Paese può contare su varie, e in taluni casi cospicue, risorse minerarie. Oltre all'oro – la cui estrazione, fiorente con gli Spagnoli, è oggi in declino – e all'argento, l'Ecuador ha giacimenti di rame, piombo, manganese, ferro, zolfo, depositi salini, gas naturale; ma il più importante prodotto del sottosuolo è il petrolio, estratto sia ad Ancón, nella penisola di Santa Elena, dove è convogliato con oleodotto alla raffineria di La Libertad (altre raffinerie operano a Cautivo e a Quito), sia dai ricchi giacimenti dell'Oriente, situati al confine con la Colombia lungo il fiume Putumayo: esso ha costituito il principale stimolo all'economia ecuadoriana durante gli interi anni Settanta, rappresentando ancor oggi il primo bene d'esportazione. Il petrolio è stato ampiamente posto al servizio della produzione elettrica, che non soddisfa però le esigenze del Paese; il problema dovrebbe tuttavia essere risolto con un maggior impiego del ricchissimo potenziale idroelettrico della regione andina, che di gran lunga rappresenta la principale risorsa energetica nazionale.

L'Ecuador esporta soprattutto petrolio, caffè, cacao e banane, mentre importa in prevalenza macchinari e mezzi di trasporto, prodotti meccanici e chimici; l'interscambio si svolge con gli Stati Uniti, seguiti da Colombia, Brasile, Cina e Cile per le importazioni; Stati Uniti, Perú, Colombia, Cile e, al quinto posto, Italia, per le esportazioni.

Costituisce un grave ostacolo allo sviluppo economico dell'Ecuador l'insufficienza delle vie di comunicazione, il cui potenziamento è peraltro reso assai difficile dalla presenza di impervie montagne e di pressoché impenetrabili selve. La Sierra è percorsa da N a S dalla linea ferroviaria (in totale estesa per circa 965 km nel 2005) che collega i centri andini; da Quito si dirama il tronco più importante, che mette in comunicazione la capitale con Guayaquil, principale porto del Paese. Altri centri portuali sono Manta, Balao, Puerto Bolívar.

Assorbe però la maggior parte del traffico la rete stradale, che copriva nel 2004 una rete di 43.197 km di cui 6467 asfaltati; di particolare rilievo è l'autostrada (carretera) panamericana, che in Ecuador si sviluppa per quasi 1400 km, snodandosi anch'essa sulla Sierra. Le comunicazioni interne e con l'estero si avvalgono di una buona rete aerea: i principali aeroporti, entrambi internazionali, sono il Mariscal Sucre presso Quito e il Simón Bolívar presso Guayaquil; la maggiore compagnia aerea è la Empresa Ecuatoriana de Aviación (EEA).

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