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Assassinio premeditato, non martirio

sabato 11 maggio

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    Vi parlerò dei fatti che riguardano la signora Maria Immacolata Rumi, impiegata presso una casa di cura per anziani a Reggio Calabria, moglie da trent’anni di Domenico Laface.

    La versione del marito: L’altra sera torno a casa e trovo Maria un po’ intronata, che si tiene una mano sulla pancia e un’altra sul muso perché le usciva sangue dal naso. Per aiutarla le faccio massaggi sulla pancia e qualche piccolo scotimento con le mani, ma vedendo che non si riprende la porto al pronto soccorso.

    La versione dei sanitari: Abbiamo visto Maria arrivare al pronto soccorso piegata in due e col volto tumefatto. Mentre noi la prendevamo in custodia, il marito le ha gridato: “Maria stai ferma, se no ti meno un pugno.” E’ morta 14 minuti dopo, per le lesioni interne causate dalle percosse.

    La versione dei carabinieri: Sull’auto con cui il marito l’ha portata al pronto soccorso sono stati trovati schizzi di sangue sul cruscotto in corrispondenza del sedile del passeggero che fanno ritenere probabile che abbia continuato a picchiarla anche durante il tragitto.

    La versione dei sei figli, che hanno accolto la notizia della morte della madre senza stupore e quasi con rassegnazione: Nostro padre l’ha picchiata per tutta la vita e sempre per futili motivi. Non voleva che lei lavorasse, era geloso. Le dava calci, pugni sul viso, sul corpo. In qualche occasione l’ha picchiata con un bastone che teneva nel portaombrelli.

    La versione del necrologio: Maria Immacolata è mancata improvvisamente. 'Improvvisamente' dopo trent’anni di botte accettate in silenzio da lei e da tutti i familiari?

    La versione del parroco durante i funerali, ai quali ha partecipato poca gente e neppure un rappresentante delle istituzioni: Maria Immacolata si è sacrificata, ha sopportato, si è liberata nel martirio.

    E no, signor parroco, questo non è un martirio. E’ un assassinio premeditato all’interno di un modello familiare patriarcale e omertoso. Perciò bisogna parlarne in tv. Per dire che nel ventunesimo secolo queste storie non sono più ammissibili.
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