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Epistolari: intorno a Chopin

in onda mercoledì 29 gennaio alle ore 15,30

Epistolari: intorno a ChopinLettera di un'anonima Lady scozzese a James Cuthbert Hadden, biografo di Chopin.

Il mio primo incontro con Chopin ebbe luogo a casa sua, a Parigi. Miss Jane Stirling aveva fatto in modo che mia sorella ed io vi andassimo con lei. Ricordo il fuoco vivo del camino nel suo elegante e confortevole 'salon'. Eravamo nel mese di marzo del 1846. Al centro della sala vi erano due pianoforti: uno a coda, l'altro verticale, entrambi Pleyel; il loro suono ed il tocco erano molto belli.

Dopo poco tempo Chopin entrò da un'altra stanza e ci ricevette con la cortesia e la naturalezza di un uomo abituato alla migliore società. L'aspetto, l'estrema fragilità e la salute delicata sono state descritte più e più volte, e così pure il peculiare fascino dei suoi modi. Miss Stirling mi presentò come sua 'petite cousine', che aspirava all'onore di studiare con lui. Egli fu molto garbato, ma non diede una risposta immediata. Alla fine, però, fissò il giorno e l'ora per la mia prima lezione, chiedendomi di portare qualcosa che stessi studiando...


Da una lettera di Robert Schumann al suo amico Heinrich Dorn.

Ho ricevuto una nuova ballata da Chopin. Sembra essere il lavoro più vicino al suo genio (anche se non il più ingegnoso) e gli dissi che, tra tutte le sue composizioni, è quella che più mi era piaciuta. Dopo un silenzio assai lungo mi rispose con enfasi: "Sono contento di sentir dire ciò, visto che è anche la mia preferita e ne ho grande affezione".

Da una lettera del poeta Stefan Witwicki a Frédéric Chopin.

Non perdete mai di vista la nazionalità, la nazionalità e ancora una volta la nazionalità. E' una parola pressoché vuota di senso per un artista comune, ma non per un ingegno come il vostro. V'è una melodia natia come v'è un clima natio. Le montagne, le foreste, le acque, le praterie hanno la loro voce natia, interiore, sebbene non tutte le anime la avvertano.

Da una lettera di Frédéric Chopin a Julian Fontana.

18 agosto 1848

Siam vecchi cembali, su cui il tempo e le circostanze hanno suonato i loro piccoli trilli infelici. La table d'harmonie è perfetta, solo le corde sono strappate, alcuni cavicchi sono saltati. L'unica sventura è che siamo opera di un celebre liutaio, di uno Stradivari sui generis, che ormai non è più qui per aggiustarci. Noi non sappiamo emettere nuovi suoni sotto mani inabili e ci soffochiamo dentro tutto ciò che per mancanza di un liutaio nessuno saprà più trarre da noi.


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