Scatti di scena

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Intervista a Giorgio Pasotti (Giuseppe Amico)

“A testa alta” rappresenta per te la prima occasione di indossare in scena la divisa da carabiniere: come sei stato coinvolto in questo film?”

Quando mi è stato proposto ho capito subito che avrei assolutamente voluto recitarvi, c’era una storia bellissima che aveva bisogno di essere raccontata con una certa urgenza. Sono stato subito consapevole dell’importanza della materia affrontata e rassicurato della passione e della competenza di Maurizio Zaccaro: lavorare insieme a lui ha rappresentato per me una piacevole sorpresa perché è un regista dotato e attento in grado di contare sempre su una visione cinematografica ben precisa anche quando dirige un film per la tv. Maurizio ha realizzato un’opera nettamente al di sopra degli schemi e degli standard grazie all’argomento scelto e al modo in cui lo ha portato in scena, dimostrandosi pienamente all'altezza di una vicenda impegnativa e di un progetto ambizioso da un punto di vista produttivo.

Che rapporto si è creato con lui sul set?

E’ un regista atipico che non segue mai le riprese attraverso un monitor come oggi avviene quasi sempre ma ha l’abitudine di essere sempre “sul campo” accanto ai suoi attori, filmando direttamente lui ogni scena come operatore alla macchina: è una forza della natura, prende in mano il suo set lo guida con entusiasmo e veemenza contando su una capacità di coinvolgimento molto rara e su un’energia contagiosa in grado di  avvolgere sia il cast che l’intera troupe.. Abbiamo girato “A testa alta” potendo contare su tempi di ripresa molto ristretti e lavorando tutti con ritmi particolarmente serrati ma queste circostanze non sono mai andate a discapito della qualità del prodotto: Maurizio è stato fantastico mettendo in luce una forza di volontà e un entusiasmo da ragazzo contando anche sull’esperienza, la sicurezza e la maturità del regista “navigato” che è, di uomo di cinema “totale” in grado di diventare per tutti un riferimento fondamentale da un punto di vista pratico ed emotivo. Il compito era enorme: raccontare un episodio tragico, un evento realmente accaduto che ha dato vita ad una pagina nera della nostra Storia ma anche alla vicenda esemplare e gloriosa di tre ragazzi che si sono trovati davanti ad una responsabilità più grande di loro e hanno saputo gestirla al meglio riuscendo ad essere all'altezza della situazione e ad uscirne “a testa alta” immolandosi per salvare dieci civili innocenti. Zaccaro ha il grande merito di avere affrontato una storia di grande eroismo senza essere mai ridondante e retorico, lo ha fatto invece secondo me in maniera efficace, cruda, vera e commovente: il suo sguardo è quasi documentaristico, in bilico tra realismo e western...

In che senso?

Aleggia lungo la storia una tensione e una fantastica sospensione di tempi che secondo me ricorda i tipici western alla Sergio Leone, dando vita ad una sorta di thriller.La vicenda si svolge nel 1944 nella collina di Fiesole dove sono dislocate una di fronte all'altra due caserme, una che ospita il locale comando nazista e l’altra quello dei Carabinieri. Ufficialmente le due postazioni si trovavano unite nella lotta contro gli angloamericani ma in realtà i Carabinieri agivano sottotraccia a favore della Resistenza appoggiando e favorendo piccole e grandi iniziative contro nazisti e fascisti. Il mio personaggio, il brigadiere Giuseppe Amico, nonostante fosse quasi coetaneo degli altri militi aveva un grado leggermente superiore e si assunse così l’onere, l’enorme responsabilità di guidare i suoi uomini coprendo le varie azioni in appoggio ai partigiani agli occhi del capitano nazista che non era affatto uno sprovveduto...

Che cosa ti ha interessato del tuo personaggio?

Soprattutto il fatto che Giuseppe nonostante le difficoltà obiettive della situazione in cui viene a trovarsi sia in grado fin quando può di tenere in mano le redini della vicenda facendo il “doppio gioco” con i nazisti e coprendo i suoi uomini che aiutavano la Resistenza. E’poco più di un ragazzo ma si ritrova a desiderare fortemente di fare qualcosa al di sopra delle proprie possibilità: sia lui che gli altri carabinieri sono ragazzi di vent'anni che portano avanti valori e ideali altissimi, il che rappresenta un esempio che i ragazzi di oggi non hanno a portata di mano.

Pensi che questo film possa rappresentare un esempio adeguato di servizio pubblico?

Certamente, è importante che racconti simili in grado di educare, divulgare e far conoscere episodi misconosciuti della nostra Storia vengano visti e discussi il più possibile da ogni tipo di pubblico (a partire da quello giovane) ma va sottolineato anche che abbiamo sentito tutti una forte responsabilità nei confronti di una vicenda così ricca di passione civile e sociale, professionalità, intelligenza e buon gusto rispettandone il disegno generale e sposandone in modo adeguato la causa.

Che tipo di coesione  è nata con gli altri interpreti sul set e fuori?

Non ricordo un film o una miniserie recenti che abbiano potuto contare su un cast così ricco di giovani interpreti di valore, tutti alle prese con personaggi ben delineati che li hanno messi in condizione di rivelare una personalità ricca e sfaccettata.

 

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